22/12/2009
Ucraina, la repubblica delle armi
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Con un contratto all'Iraq per 2,4 miliardi di dollari, il Paese sale dal 14mo al quinto posto nell'export di materiale bellico
Secondo l'autorevole opinione di molti esperti, l'Ucraina rappresenta uno dei più grandi malati d'Europa. La corruzione dilagante, una classe politica più adatta al periodo feudale che non ad uno Stato moderno, una crisi finanziaria ed economica profondissima (la produzione industriale nell'ultimo anno e' crollata del 24 percento), un tessuto sociale lacerato ed un trend demografico inesorabilmente negativo (la popolazione continua a diminuire ed e' già scesa sotto i 46 milioni) sembrano supportare abbondantemente tale opinione.
Eppure, in questo scenario a dir poco sconfortante, esiste un settore in cui gli ucraini semplicemente eccellono: la produzione e l'esportazione di armi. Pochi giorni fa e' stata diffusa una notizia a dir poco sensazionale: la compagnia di Stato per il commercio di armi, Ukrspetsexport, ha stipulato con il governo iracheno un contratto di fornitura di armi per un ammontare di circa 2,4 miliardi di dollari. Nell'affare sono coinvolte ben ottanta aziende ucraine produttrici. La transazione ha ricevuto la benedizione degli Stati Uniti, che stanno investendo fior di quattrini al fine di preparare le truppe irachene che dovranno progressivamente subentrare all'esercito a stelle e strisce. Grazie a questo contratto, il più grande mai stipulato dall'Ucraina fin dai tempi dell'indipendenza, il Paese passa dalla quattordicesima alla quinta posizione nella classifica mondiale dei Paesi esportatori d'armi. Inoltre, e la notizia e' stata data dallo stesso primo ministro Yulia Tymoschenko, saranno presto siglati accordi di vendita anche con Libia e Brasile.
Come molti analisti di politica internazionale hanno giustamente fatto notare, questo contratto non fa di certo piacere alla Russia, che nell'Iraq ha sempre trovato un buon cliente a cui piazzare le proprie armi e che vedeva nella fornitura di armi al Paese Mediorientale la possibilità di incamerare risorse da destinare al proprio apparato militare. Serve tempo per capire quali saranno le ripercussioni che tale contratto avrà sulle relazioni russo - ucraine, tuttavia, come si può agevolmente intuire, le premesse non sono delle migliori. Con questo affare, l'Ucraina non fa altro che confermare e consolidare la sua presenza nel mercato mondiale delle armi, mercato in cui ha giocato un ruolo importantissimo fin dalla sua indipendenza. Regioni privilegiate di tale export sono da sempre i Paesi in via di sviluppo del Medio Oriente, Africa ed Asia, molti dei quali sono regimi autoritari che si trovano impantanati in guerre dimenticate che continuano a mietere vittime e che necessitano di un apparato militare abbastanza forte per spezzare i reni alle deboli opposizioni interne.C'e' però un'altra dimensione, collegata con la situazione politica in cui versa il Paese fin dall'indipendenza, molto meno rassicurante e molto più inquietante, vale a dire il florido mercato nero, considereto uno dei piu' vasti del mondo: non a caso, Yuri Orlov, il protagonista del film Lord of War, interpretato da Nicolas Cage, acquistava ogni sorta di arma in Ucraina per esportarla poi verso le guerre dimenticate del continente africano. Le istituzioni ucraine sono molto deboli e facilmente preda di gruppi di interessi senza scrupoli. Troppo spesso, si verificano casi di evidente sovrapposizione tra politica e criminalità. A farne le spese e' prima di tutto la credibilità ucraina come soggetto internazionale. Qualche esempio può aiutarci a comprendere questo fenomeno: le autorita' thailandesi hanno recentemente sequestrato, in virtu' della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell' ONU 1874, un aereo cargo georgiano affittato da ucraini che trasportava quasi 4 tonnellate di armi made in Corea del Nord. Quelle armi erano dirette, con molta probabilità, all'Iran. Le autorita' ucraine hanno cercato di escludere ogni responsabilità. Le esportazioni illegali verso Paesi ‘caldi' (perché messi alla berlina dalla Comunità internazionale o ritenuti a rischio guerra) non sono mai cessate: si pensi ad esempio alla nave cargo Faina, battente bandiera ucraina e sequestrata dai famigerati pirati somali. La nave trasportava 36 vecchi tank sovietici diretti, con molta probabilità, in Sudan, Paese su cui l'Onu aveva posto l'embargo di Armi. Oppure il caso della vendita, anche quella sottobanco e non confermata da nessuna autorita' chiaramente, di armi a prezzo irrisorio alla Georgia al fine di armare Tbilisi prima del conflitto con la Russia.
Questa incapacità delle autorita' ucraine, mista a mancanza di volontà nel contrastare un traffico illecito che fa la ricchezza di molti getta un'ombra sulla credibilità di Kiev e contrasta con tutte quelle visioni semplicistiche e trionfalistiche che vorrebbero l'Ucraina come Paese saldamente democratico e con un economia di mercato pronto ad entrare nella Nato e nell'Unione Europea. La credibilità di Kiev come attore internazionale degno di rispetto si gioca anche sulla sua capacità di mettere fine ai traffici illeciti di armi. Fino a quando non si paleserà nelle elite politiche la volontà di dare un segnale forte in questo senso, continueremo a chiederci chi governa veramente a Kiev: un monarca privo di poteri o un criminale molto astuto?
Alessio Bini
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