Saturday, 11 July 2009

We are all Africans!!





10/7/2009 - IL VECCHIO CRONISTA

Saremo tutti africani





IGOR MAN

Si parva licet, il Vecchio Cronista affascinato dal nutrito inserto dedicato all’Africa, colmo di personaggi e di ricordi, dedica questa puntata della sua rubrica all’Africa. Il mio interminabile giro del Mondo principia, tanti anni fa, proprio in Africa. Quell’Africa ch’è il terzo mondo del terzo mondo l’ho amata per la sua bellezza e per il suo strazio, subendo il suo fascino misterioso alla stregua di una pena necessaria. Al tempo dei Mau-Mau la figlia di Jomo Kenyatta mi disse che «insigni studiosi» avevano localizzato il Paradiso terrestre in Africa. «Ebbene, ci siamo autoespulsi dal Paradiso vendendo l’anima al Faust colonialista», concluse.Fu allora che scoprii, giovine com’ero, e per tanto certamente presuntuoso, come per capire, per riuscire ad ascoltare - magari un solo momento -, il cuore profondo del Mondo non bastasse aver letto un bel mucchio di libri e viaggiare «ad occhi aperti»: serve ma non basta.«Si affidi ai missionari», mi disse la figlia di Jomo Kenyatta, «loro sanno». Fu così che passo dopo passo scoprii quell’incessante fiume carsico ch’è la Missione. Non soltanto in Africa, bene inteso, giacché i missionari sono dappertutto, dovunque ci sia una persona che cerchi Dio magari senza saperlo. Ma cosa spinge un ragioniere di Cuneo a mollare tutto «per dare una mano» nel più remoto villaggio dell’Angola o del Sudan? Tanti e tanti anni fa ebbi l’ardire di rivolgere codesta domanda a padre Alex Zanotelli. Era «in pausa» a Roma in attesa di tornare una volta ancora in Africa e una sera venne alla redazione romana de La Stampa. Aveva un libro per Vittorio Gorresio, Vittorio non c’era, così affidò il libro a me. Diventammo amici e gli sono grato dei suoi infiniti racconti sulla vita in missione.Che, in fatto, è apostolato. Duro. (Con Alex ci siamo persi di vista, ahimè, ma non è facile stare appresso a un missionario). Come ha ben scritto l’anglista Claudio Gorlier, «le ferite della colonizzazione stanno sotto la pelle dell’Africa: il mondo globalizzato e internettizzato è ben lontano dall’aver risolto i suoi problemi primordiali \ ricorrenti conflitti riportano indietro l’orologio della Storia». A mezzo secolo, grosso modo, dalla esaltante stagione dell’indipendenza in Africa muoiono ogni anno quaranta milioni di persone, di cui diciotto milioni bambini. L’Aids è in difficoltà grazie anche alla abnegazione di «missionari laici», come i ragazzi della comunità di Sant’Egidio. (Molti di loro trascorrono le vacanze laggiù). L’Aids è in difficoltà, ma un male antico si è rifatto vivo: la Tbc. La siccità (non piove da tre anni nelle zone più colpite) sta portando carestia, morte. Il 90 per cento dei fiumi è oramai senza acqua, l’80 per cento del bestiame è già morto.«Il Sudan sta morendo», ammoniscono i volontari del Cesvi la cui opera pietosa rasenta l’eroismo. E padre Zanotelli, missionario scomodo, dov’è, come sta? Le ultime notizie ci dicono che prega e digiuna «affinché la beata speranza non muoia». Lo stesso vale per padre Gian Mario che quand’è a Roma dice Messa in Santa Maria in Monticelli. Ben Bella, africano-patriarca, dice che «l’Africa ha bisogno, anche, di tenerezza». Un giorno piuttosto prossimo, un essere umano su cinque sarà africano: se non sapremo dargli attenzione ci odierà. «O Dio, perché hai creato / due manghi diversi: / un mango bianco / un mango nero?», ha scritto il poeta congolese Martial Sinda.

No comment.............................Abdelazim Abdella Gomaa

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