Sud Sudan: il nuovo Stato africano senza diritti umani e senza libertà di espressione
African Charter on Human and Peoples’ RightsBarnaba Marial BenjaminDiing Chan AwuoHuman RightsInternational Covenant on Civil and Political Rights (ICCPR)jubaReporters Without BordersSouth SudanWomen News Network
di Eden Zeriun
Famiglie destabilizzate rifugiate nelle colline, vivono di stento e nella assoluta insicurezza.
«Qui a Juba, nel Sud Sudan, non c’è liberta di parola» denuncia una coraggiosa giornalista radiofonica poco prima di andare in onda.
Il Sud Sudan non ha fatto in tempo a nascere come Stato nel Luglio del 2011, dopo decenni di lotta di indipendenza dal governo centrale, che già è, secondo Reporters Without Frontiers il 124esimo Stato di 179 che limitano la libertà di parola. E come dichiara il Human Rights Watch, lo Stato del Sud Sudan è da ritenere un caso di emergenza riguardo, tra i molti problemi, la mancanza di libertà di espressione. Questa organizzazione internazionale inoltre segnala che lo Stato Sud Sudanese non ha leggi che tutelino questi giornalisti o chiunque che lavori nell’ambito mediatico. Ci sono stati vari casi di giornalisti maltrattati, picchiati e imprigionati senza giusta causa. Ma il primo caso ufficiale di morte di un giornalista è stato nel 5 Dicembre del 2012. Diing Chan Awuo, un noto editorialista e attivista critico rinomato del Sud Sudan, fu ucciso a fucilate davanti a casa sua, presso Juba. Aveva scritto sotto il pseudonimo di Isaiah Abraham un articolo dove denunciava i misfatti del presidente Salva Kiir, considerando il metodo poco democratico utilizzato sulla questione dei confini e dell’olio. Il portavoce del governo Barnaba Marial Benjamin dichiarò che la morte di Awuo era stato quasi sicuramente un assassinio premeditato.
“Ogni cittadino ha il diritto alla libertà di espressione, alla ricezione e divulgazione di informazione, alla pubblicazione. Ha la libertà di stampare senza pregiudizi per l’ordine pubblico, sicurezza o riservatezza morale, il tutto nel rispetto della legge” recita la costituzione transazionale del nuovo Stato. ”Tutte le istituzioni devono garantire la libertà di stampa e degli altri media sotto la regolamentazione della legge come in ogni società democratica”. Parole gettate al vento, quando poi ci si riscontra con la dura realtà
Mading è un giornalista pluripremiato dal Sud Sudan. Fondatore di” Wake upJuba!”, la trasmissione più seguita al mattino nel Sud Sudan. Ora risiede in Canada. (foto Facebook)
Alla fine del 2012, dopo anni di collaborazione con uno dei più popolari show su Bakhita Radio nella capitale Juba, il giornalista Mading Ngor è tornato nel Canada. Il motivo della sua partenza sarebbe «l’atmosfera di paura, minacce, e censure» e troppo frequenti incontri con la polizia locale. Nel 2012 fu commissionato come cronista parlamentare, ma gli fu intimato di collaborare, non trattando argomenti come la corruzione.
Lo Human Wrights Watch nel suo rapporto annuale del 2013, sostiene che «nell’assenza di leggi che stabiliscano un meccanismo legale di garanzia di libertà dei media e che renda loro possibile difendere i loro reportage, o quello che dicono e scrivono, i redattori e i loro cronisti e reporter saranno specialmente soggetti ad abusi, arresti arbitrari e censure da parte di forze dell’ordine”. E il Sud Sudan deve ancora definire accordi sui diritti umani, incluso il ICCPR ovvero l’accordo internazionale sui diritti civili e politici e la Carta Africana su diritti umani e dei popoli. Questi accordi se confermati andrebbero a rafforzare i diritti fondamentali della libertà di espressione.
FONTI:
http://womennewsnetwork.net/2013/02/08/south-sudan-journalists-freedom-of-speech/
http://en.rsf.org/south-sudan-opinion-writer-gunned-down-outside-06-12-2012,43771.html?dolist=ok/south-sudan-opinion-writer-gunned-down-outside-06-12-2012,43771.html
Fonti foto:
Wikipedia e facebook per Mading Ngor
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