Friday, 28 August 2009

Varie notizie!!



PROCREAZIONE LOW COST, IN SUDAN SI FARA' PER 300 DOLLARI
ROMA - La procreazione assistita low cost è realtà: sarà presto disponibile in Africa a prezzi irrisori rispetto a quello che le cliniche chiedono in Occidente, infatti nella capitale del Sudan aprirà alla fine di ottobre una clinica che promette di fornire terapie di fecondazione assistita per meno di 300 dollari.La clinica, presso l'Università Khartoum, è finanziata da Low Cost IVF Foundation (LCIF) di Massagno, Svizzera, idea del pioniere della fecondazione in vitro Alan Trounson, ora presidente del California Institute for Regenerative Medicine. A ritornare sull'argomento 'procreazione in vitro low cost' è il magazine New Scientist in cui è riferito che altre cliniche simili sono ad Arusha, Tanzania e a Cape Town, Sud Africa. Sono tante le opportunità di risprmio in questo campo: farmaci a basso costo per indurre l'ovulazione nella donna esistono, sono sicuri ed efficaci e potrebbero sostituire le molecole altamente biotecnologiche in uso; si potrebbe risparmiare molto sulle apparecchiature, per esempio sugli incubatori: è stata già sperimentata una speciale 'capsula' in cui incubare gli embrioni neoformati che si mette in vagina per alcuni giorni.L'infertilità non è solo un problema occidentale, in Africa colpisce fino a una coppia su tre, colpa soprattutto di infezioni sessualmente trasmesse, scarsa prevenzione e pratiche, come la mutilazione dei genitali, a loro volta causa di infertilità. Ma è chiaro che quando le metodologie low cost prenderanno piede e si riveleranno competitive rispetto agli standard occidentali, il business del bebé in provetta (nei paesi ricchi i costi di un ciclo possono raggiungere anche i 12 mila dollari) non sarà più giustificabile e i prezzi potrebbero scendere.
Il sottoscritto si fa un quartto figlio o figlia.................................azim
Sudan, presto fine dello stato di guerra in Darfur
Il comandante della missione UNAMID: "Ora si parla solo di banditismo"
"Al giorno d'oggi non direi che in Darfur si sta svolgendo una guerra". Si è espresso così il comandante della missione internazionale UNAMID, Martin Luther Agway. Gli scontri sarebbero ridotti a un bassissimo livello di intensità e soltanto uno dei gruppi ribelli del sud del paese sarebbe in grado di portare avanti una campagna militare.Agway ha dichiarato che un certo livello di banditismo comunque continuerà a lungo, ma lo stato di guerra potrebbe essere revocato a breve. Il comandante è solo l'ultimo dei rappresentanti Onu a descrivere in questi termini il conflitto in Darfur; ad aprile il dirigente politico dell'UNAMID aveva già parlato di conflitto a bassa intensità e l'inviato speciale Usa per i Sudan, Scott Gration, aveva descritto nei giorni scorsi ciò che ha visto in Darfur come "reminiscenze di un genocidio", usando per la prima volta la parola genocidio ma anche negando che sia ancora in atto. Le stragi in Darfur hanno provocato 300mila morti secondo le Nazioni Unite (10mila secondo Khartoum) e quasi 3 milioni di sfollati dal 2003.
Darfur/ Onu: dispute e banditismo, ma la guerra è finita
15:59 - ESTERI- 27 AGO 2009
E' quanto riferisce un generale ma la pace è ancora lontana Roma, 27 ago. (Apcom) - E' di fatto finita la guerra che durava ormai da sei anni in Darfur tra le forze fedeli al governo del Sudan e i ribelli di questa regione. Lo ha annunciato il generale Martin Agwai, comandante della missione Onu in Darfur. Agwai, scrive la Bbc, racconta che da quando i ribelli si sono divisi in fazioni i violenti scontri che caratterizzavano il conflitto nei primi anni sono stati sostituiti da dispute su acqua e terre e atti di banditismo. Ormai, avverte il generale che guida migliaia di soldati tra truppe Onu e quelle dell'Unione Africana, si può parlare più di "problemi di sicurezza" che di un vero e proprio conflitto. Secondo le nazioni Unite il conflitto è costato la vita a 300mila persone, secondo il governo sudanese le vittime in Darfur sono 10mila. Per Agwai solo un gruppo di ribelli, il Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (Jem), rappresenta ancora una vera minaccia. Ma secondo l'analista Gill Lusk questo tipo di commenti non sono utili perché potrebbero far credere che ormai i problemi in Darfur sono risolti, invece la violenza potrebbe riesplodere feroce come all'inizio da un momento all'altro. Benché, infatti, gli scontri siano diminuiti d'intensità, è ancora impossibile intravedere in Darfur la prospettiva di un accordo di pace. La settimana scorsa l'inviato Usa in Sudan, Scott Gration, ha detto che l'esistenza di 26 diversi gruppi di ribelli è un grande ostacolo al raggiungimento di un accordo con il governo di Khartoum.
La pace camina ma come la lumaca e quando arriva.........................azim

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